Le azioni delle principali case farmaceutiche europee hanno subito un calo significativo nei mercati azionari, a seguito dell'annuncio da parte degli Stati Uniti di un'imposizione di dazi del 100% sui farmaci di marca e brevettati provenienti dall'Europa. Questa misura, destinata a entrare in vigore il 1° ottobre 2025, mira a incentivare la produzione farmaceutica all'interno dei confini americani. Le aziende che hanno già avviato la costruzione di impianti produttivi negli Stati Uniti beneficeranno di un'esenzione da tali dazi.
L'impatto sui mercati è stato immediato, con titoli di aziende come Novo Nordisk, Roche, Novartis e AstraZeneca che hanno registrato perdite comprese tra l'1,2% e il 2,4% sulla piattaforma Tradegate. Questo movimento riflette la preoccupazione del settore riguardo alle potenziali ripercussioni sulle operazioni e sulla redditività delle aziende maggiormente esposte al mercato statunitense, che rappresenta una fonte di guadagno cruciale per molte di esse. La dipendenza degli Stati Uniti dalle importazioni farmaceutiche, con circa il 40% dei farmaci consumati provenienti dall'estero, rende questa mossa una leva politica significativa. La mossa americana arriva in un contesto di crescenti tensioni commerciali e di una strategia volta a rafforzare la produzione nazionale.
Sebbene le aziende farmaceutiche europee abbiano già iniziato a pianificare o ad espandere la loro presenza produttiva negli Stati Uniti, in risposta a precedenti segnali da parte dell'amministrazione Trump, l'entità del dazio proposto rappresenta un notevole inasprimento. Alcuni analisti suggeriscono che, nonostante la retorica aggressiva, l'impatto effettivo potrebbe essere mitigato da accordi commerciali preesistenti che limitano le tariffe al 15% per i prodotti europei, agendo come una sorta di "polizza assicurativa" per le aziende dell'UE. Tuttavia, la possibilità di indagini future basate sulla "Section 232 del Trade Expansion Act", che consente dazi unilaterali per motivi di sicurezza nazionale, introduce un elemento di incertezza persistente.
Le implicazioni di questa politica commerciale si estendono oltre i mercati finanziari. L'industria farmaceutica europea, che rappresenta una quota significativa dell'export continentale verso gli USA, si trova di fronte alla necessità di una riorganizzazione strategica delle proprie catene di approvvigionamento. La potenziale delocalizzazione della produzione potrebbe non solo alterare gli equilibri economici globali, ma anche sollevare interrogativi sull'accesso ai farmaci e sui costi per i consumatori americani. L'Unione Europea, attraverso associazioni come Farmindustria, ha espresso forte preoccupazione e sta dialogando con le autorità statunitensi e con la Commissione Europea per trovare soluzioni che salvaguardino la stabilità del settore e l'accesso alle cure. In questo scenario di trasformazione, le aziende sono chiamate a navigare un panorama complesso, bilanciando le esigenze di conformità normativa con la necessità di mantenere la competitività e l'innovazione. La capacità di adattamento e la lungimiranza strategica saranno fondamentali per affrontare le sfide poste da queste nuove dinamiche commerciali, con l'obiettivo di garantire la continuità della fornitura di farmaci essenziali e promuovere un ecosistema sanitario resiliente a livello globale.