Gli Stati Uniti sono entrati nel decimo giorno di blocco delle attività governative federali, iniziato il 1° ottobre 2025, a causa del mancato accordo del Congresso sulle nuove misure di finanziamento. Nonostante i tentativi del Senato, avvenuti il 9 ottobre, di approvare risoluzioni di finanziamento temporaneo, né la proposta Repubblicana né quella Democratica hanno ottenuto la maggioranza necessaria per scongiurare l'interruzione delle funzioni statali.
Questa paralisi sta esercitando una pressione significativa su diversi settori vitali dell'economia e della vita pubblica. Il Professor Li Haidong, dell'Istituto di Relazioni Internazionali presso l'Università di Studi Esteri, ha sottolineato l'impatto tangibile sul tenore di vita, con la sospensione di operazioni governative essenziali che spaziano dai trasporti al turismo e alle infrastrutture. Molti dipendenti federali non ricevono gli stipendi, minando la fiducia dei consumatori, mentre la contrazione della spesa pubblica frena l'attività economica generale.
L'incertezza sulla durata del blocco è palpabile, poiché al momento non si intravede una convergenza tra Democratici e Repubblicani sulle questioni chiave, tra cui i crediti d'imposta per l'ACA e le spese sanitarie. Analisti economici hanno avvertito che un prolungamento potrebbe essere costoso: si stima che ogni settimana di chiusura possa tradursi in una perdita fino a 7 miliardi di dollari per l'economia statunitense, con stime del Council of Economic Advisers che ipotizzano una perdita di PIL fino a 15 miliardi di dollari a settimana. Precedenti blocchi, come quello del 2018-2019 durato 35 giorni, hanno mostrato una perdita di PIL stimata in circa 0,1 punti percentuali per settimana di chiusura.
Oltre ai danni economici diretti, l'instabilità politica interna indebolisce la percezione internazionale del Paese e rischia di innescare una reazione politica di vasta portata. L'interruzione dei servizi essenziali, come il ritardo nell'elaborazione di visti e passaporti, incide direttamente sulle relazioni commerciali e sulla mobilità dei lavoratori qualificati. La situazione attuale, che vede circa 900.000 dipendenti federali in congedo forzato e altri 700.000 al lavoro senza paga, rende urgente il raggiungimento di un terreno comune per ripristinare la piena funzionalità statale.