La Cina ha avviato due indagini sul settore dei semiconduttori statunitensi, intensificando le tensioni commerciali a pochi giorni dall'inizio dei colloqui di alto livello tra Stati Uniti e Cina a Madrid. Le indagini, annunciate dal Ministero del Commercio cinese, riguardano l'anti-dumping su alcuni chip a circuito integrato analogico (IC) importati dagli Stati Uniti e presunte "discriminazioni" da parte degli USA contro l'industria cinese dei chip. Queste azioni seguono la decisione degli Stati Uniti di inserire 23 aziende cinesi nella loro "lista di entità", citando preoccupazioni per la sicurezza nazionale e la politica estera. Tra queste aziende, alcune sono accusate di aver acquisito attrezzature per la produzione di chip per SMIC, il principale produttore cinese di semiconduttori.
La Cina considera queste misure statunitensi come una strategia volta a frenare il suo progresso tecnologico, in particolare nei settori dell'intelligenza artificiale e dei chip avanzati. Le indagini cinesi mirano a contrastare quelle che Pechino definisce pratiche "protezionistiche" che discriminano l'industria dei semiconduttori cinese. I colloqui in programma a Madrid vedranno la partecipazione del Vice Primo Ministro cinese He Lifeng e del Segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent. Questi incontri sono gli ultimi di una serie di negoziati volti a ridurre le tensioni commerciali e a posticipare l'imposizione di dazi più elevati.
In precedenza, le due nazioni avevano concordato diverse pause di 90 giorni sull'aumento dei dazi, evitando così un'escalation completa. Tuttavia, le dispute sui semiconduttori rimangono un punto critico nelle relazioni bilaterali. Le restrizioni statunitensi sull'accesso della Cina alle tecnologie avanzate per la produzione di chip, introdotte sia dall'amministrazione Trump che da quella Biden, sono motivate da preoccupazioni per la sicurezza nazionale. Secondo stime, le esportazioni di chip statunitensi verso la Cina potrebbero subire perdite annuali per 83 miliardi di dollari, con un impatto significativo anche sull'occupazione, con circa 124.000 posti di lavoro a rischio nel settore dei semiconduttori statunitense. Le aziende di apparecchiature per semiconduttori statunitensi sono particolarmente vulnerabili, poiché una quota stimata del 30-40% delle loro vendite è destinata alla Cina.
Nonostante queste sfide, la Cina sta accelerando i propri sforzi per raggiungere l'autosufficienza tecnologica nel settore dei semiconduttori, investendo massicciamente in ricerca e sviluppo domestici. Aziende come SMIC hanno già dimostrato progressi, con la produzione di chip a 7nm, un risultato precedentemente considerato irraggiungibile senza le tecnologie avanzate soggette a restrizioni. Questo impulso all'autosufficienza, sebbene possa portare a innovazioni interne, rischia anche di frammentare le catene di approvvigionamento globali e creare ecosistemi tecnologici paralleli. Le future dinamiche del mercato dei semiconduttori dipenderanno dalla capacità degli Stati Uniti di adattare le proprie normative e di sostenere la propria industria, mentre la Cina continuerà a spingere per l'indipendenza tecnologica, potenzialmente colmando il divario con i leader del settore.