Di fronte all'urgenza della crisi climatica, la ricerca di soluzioni efficaci per la mitigazione delle emissioni di anidride carbonica (CO2) si intensifica. In questo contesto, i vasti depositi di basalto presenti sotto i fondali oceanici stanno emergendo come una frontiera promettente per lo stoccaggio permanente della CO2. Queste formazioni rocciose, che costituiscono circa il 90% della crosta terrestre, offrono un meccanismo geochimico naturale per trasformare il gas serra in minerali solidi e stabili, riducendo significativamente il rischio di dispersione nell'ambiente.
Il basalto, una roccia vulcanica onnipresente, è ricco di minerali contenenti calcio e magnesio, elementi chiave che reagiscono con la CO2 disciolta nell'acqua marina. Questo processo, noto come mineralizzazione, converte la CO2 in carbonati solidi, come la calcite o la magnesite, legandola in modo permanente all'interno della struttura rocciosa. La rapidità con cui avviene questa trasformazione è uno dei vantaggi più notevoli. Ricerche presentate alla conferenza InterPore2025 nel maggio 2025 hanno esplorato l'efficienza e i rischi geomeccanici associati allo stoccaggio in basalti continentali. Parallelamente, uno studio pubblicato sulla rivista Fuel nel settembre 2025 ha dettagliato i meccanismi e i progressi tecnologici in questo campo.
Studi sul campo, come il progetto CarbFix in Islanda, hanno dimostrato che oltre il 90% della CO2 iniettata può mineralizzare in appena due anni, un ritmo notevolmente più veloce rispetto ai metodi tradizionali che richiedono millenni. Alcuni ricercatori, come Benjamin Tutolo dell'Università di Calgary, suggeriscono che, sebbene la reazione possa richiedere secoli per completarsi, la stabilità a lungo termine è garantita fintanto che la CO2 rimanga confinata, evidenziando la possibilità di stoccaggio su scala gigatonnellata. La capacità teorica di stoccaggio dei depositi basaltici oceanici è immensa. Si stima che questi giacimenti possano immagazzinare decine di migliaia di gigatonnellate di CO2, un volume che supera di gran lunga le emissioni globali annuali.
Tuttavia, studi recenti, come uno pubblicato su Nature nel settembre 2025, hanno rivisto al ribasso le stime globali di capacità di stoccaggio sicuro, suggerendo che il potenziale potrebbe essere inferiore a quanto precedentemente ipotizzato, pur rimanendo una risorsa preziosa. Esperti come Sandra Snæbjörnsdóttir di CarbFix sottolineano la "mineralizzazione molto rapida" ottenuta, che permette di "eliminarla permanentemente" senza la necessità di monitoraggio a lungo termine. Il vantaggio di trasformare la CO2 in una forma solida, anziché gassosa, è la maggiore stabilità e la drastica riduzione del rischio di perdite, come sottolineato da Kate Moran di Ocean Networks Canada.
Nonostante il grande potenziale, esistono sfide da affrontare. I rischi geomeccanici, legati all'aumento della pressione nei pori durante l'iniezione, possono includere la fagliazione o la perdita di integrità dei pozzi, come evidenziato da ricerche sulla geomeccanica dello stoccaggio di CO2. Inoltre, l'eterogeneità delle formazioni basaltiche richiede un'attenta selezione dei siti per ottimizzare l'efficienza, e il processo può comportare un consumo idrico significativo. La necessità di una comprensione approfondita delle interazioni tra CO2 e roccia basaltica è fondamentale per massimizzare l'efficienza e garantire la sicurezza dello stoccaggio.
In conclusione, il basalto sotto i nostri oceani rappresenta una risorsa geologica straordinaria nella lotta contro il cambiamento climatico. La sua capacità intrinseca di trasformare la CO2 in roccia solida offre una via per una cattura e uno stoccaggio permanenti e a basso rischio. Mentre la ricerca continua a perfezionare la nostra comprensione e a mitigare le sfide, questi depositi naturali si profilano come un pilastro fondamentale nelle strategie globali per un futuro più sostenibile.