Una nuova metodologia di ricerca sta ridefinendo il potenziale di recupero del Polietilene Tereftalato (PET) derivato dai sacchetti di plastica, un materiale che contribuisce in modo significativo all'inquinamento ambientale. La scoperta, guidata dal ricercatore principale Yun-Hwan Huh, propone un ingegnoso percorso per convertire questo rifiuto persistente in una risorsa utile per l'accumulo energetico.
Il cuore di questa innovazione è un processo termochimico articolato in due fasi. Inizialmente, il PET viene sottoposto a un trattamento termico spinto, raggiungendo circa 700 gradi Celsius in ambiente sottovuoto con l'aggiunta di idrossido di calcio. Questo trattamento converte la plastica in una sostanza porosa, simile a una cenere. Successivamente, questo residuo viene combinato con materiali polimerici conduttivi per creare fogli sottili che servono come materiale elettrodico per i supercondensatori.
Questo approccio affronta direttamente l'enorme accumulo di rifiuti, stimato in oltre mezzo miliardo di iarde di sacchetti tagliati ogni anno, introducendo al contempo un notevole risparmio di massa. I risultati iniziali mostrano che il supercondensatore realizzato con il PET riciclato vanta un risparmio di massa del 79%, superando il 78% di massa risparmiata rispetto a un separatore tradizionale accoppiato a un elettrodo a caldo perforato. Questa efficienza apre prospettive per alleggerire le strutture energetiche in settori che vanno dal trasporto all'elettronica di consumo.
Yun-Hwan Huh ha delineato una prospettiva temporale ambiziosa ma fondata: si prevede che, con ulteriore ottimizzazione, questi prototipi di laboratorio possano essere pronti per il mercato entro i prossimi cinque o dieci anni. Tale orizzonte è cruciale data la crescente domanda globale di soluzioni di stoccaggio energetico più sostenibili. Questa evoluzione si inserisce in un contesto più ampio di spinta verso metodi avanzati di riciclo del PET, in contrasto con i processi meccanici tradizionali che spesso ne degradano la qualità.
Mentre altre tecniche, come la depolimerizzazione con liquidi ionici, hanno raggiunto rese eccezionalmente alte, fino al 99% per il dimetil tereftalato (DMT), l'approccio del team di Huh dimostra la tendenza a considerare il rifiuto plastico non come un punto finale, ma come una materia prima da riorganizzare in forme di utilità superiore. La capacità di trasformare un elemento di disturbo ambientale in un componente chiave per il futuro energetico segna un cambiamento nel modo in cui la società interagisce con la materia esistente, focalizzandosi sulla creazione di valore intrinseco.