Il 10 ottobre 2025, la piattaforma di streaming Netflix ha ospitato l'esordio di un'intensa opera cinematografica cilena: il dramma familiare intitolato "Nuota verso di me" (conosciuto anche con i titoli originali Limpia e Swim To Me). Diretto dalla rinomata Dominga Sotomayor, il film trae ispirazione dal celebre bestseller omonimo scritto da Alia Trabucco Zerán. Questa pellicola aveva già suscitato notevole interesse dopo la sua presentazione al prestigioso Festival del cinema di San Sebastián, offrendo al pubblico una profonda indagine sui legami umani complessi e sulle barriere sociali invisibili che definiscono la società.
La narrazione si concentra sulla figura di Estela, una donna originaria delle regioni meridionali del Cile, che si trasferisce a Santiago per assumere il ruolo di domestica presso una famiglia benestante. Il suo incarico principale consiste nel prendersi cura di Julia, una bambina di sei anni, un compito che la impegna a tempo pieno. Col passare del tempo, il rapporto professionale tra le due si evolve in un legame emotivo che trascende i confini del semplice dovere, trasformandosi in un'affezione più totalizzante e ambigua. Si sviluppa un universo segreto e dipendente tra la custode e la bambina, dove la linea di demarcazione tra la cura sincera e l'ossessione si assottiglia pericolosamente, portando inevitabilmente le protagoniste verso conseguenze drammatiche.
A dare volto ai personaggi principali sono María Paz Grandjean, nel ruolo di Estela, e Rosa Puga Vittini, che interpreta la giovane Julia. La loro performance è caratterizzata da quell'autenticità viscerale tipica dello stile di Sotomayor, nota per il suo approccio collaborativo alla cinematografia. La pellicola affronta tematiche universali e scottanti, quali le invisibili stratificazioni di classe, le dinamiche di potere insite nella gerarchia domestica e la fragilità del confine che separa l'affetto genuino dalla servitù o dalla prigionia emotiva, elementi che risuonano profondamente nel contesto sociale latinoamericano.
Con una durata di 109 minuti, il film concede il tempo necessario per analizzare in dettaglio la lenta, ma inesorabile, progressione di questa dinamica intricata. Dominga Sotomayor, che in precedenza aveva diretto "Troppo tardi per morire giovani", ha curato la sceneggiatura insieme a Gabriela Larralde e alla stessa autrice del libro, Alia Trabucco Zerán. L'opera pone interrogativi cruciali sull'impatto dell'isolamento dalla propria famiglia d'origine e sulla necessità di servire quella altrui, esplorando come la ricerca di intimità, spesso alimentata dalla solitudine, possa agire da catalizzatore per profondi cambiamenti interiori. Il film è un ritratto toccante di come i legami forzati possano plasmare e, talvolta, distorcere l'identità emotiva delle persone coinvolte.