L'esperimento 'Fireball' è stato condotto nella zona di irradiazione di HiRadMat.
Una svolta al CERN: la ricreazione in laboratorio del plasma dei blazar suggerisce l'esistenza di un campo magnetico relitto nell'Universo
Modificato da: Uliana S.
Un gruppo internazionale di scienziati, guidato da esperti dell'Università di Oxford, ha annunciato un risultato straordinario nel campo dell'astrofisica di laboratorio: per la prima volta, sono riusciti a replicare in condizioni controllate le “sfere di fuoco” di plasma. L'esperimento cruciale, condotto presso l'acceleratore Super Proton Synchrotron (SPS) del CERN, mirava a indagare la stabilità dei flussi di particelle emessi dai blazar e a risolvere l'enigma del deficit di raggi gamma e della possibile presenza di campi magnetici cosmici invisibili. I risultati di questa ricerca pionieristica sono stati resi pubblici sulla rivista PNAS il 3 novembre 2025.
Modellizzazione di un fascio inizialmente omogeneo di elettroni e positroni che interagisce con un plasma.
L'essenza di questo lavoro innovativo risiedeva nella simulazione delle cascate di coppie innescate dai blazar, con l'obiettivo di verificare empiricamente le ipotesi sulla natura dei campi intergalattici. I ricercatori, tra cui figurano il Professor Gianluca Gregori, il Professor Bob Bingham della STFC Central Laser Facility e il Professor Subir Sarkar, hanno utilizzato l'impianto HiRadMat per produrre coppie elettrone-positrone. Queste coppie sono state poi fatte transitare attraverso una regione lunga un metro, satura di plasma circostante, riproducendo in scala ridotta la propagazione della radiazione di un blazar attraverso l'ambiente intergalattico.
La questione fondamentale che l'esperimento si proponeva di affrontare riguardava la misteriosa scomparsa dei raggi gamma con energie dell'ordine dei gigaelettronvolt (GeV). Secondo i calcoli teorici, questi raggi dovrebbero essere prodotti dalle cascate generate dai raggi di energia superiore, nell'ordine dei teraelettronvolt (TeV), emessi dai blazar. Esistevano due spiegazioni principali per questo deficit: o la deviazione dei raggi da parte di deboli campi magnetici intergalattici preesistenti, oppure un'instabilità spontanea all'interno dei fasci di coppie, che generava campi magnetici in grado di disperdere la radiazione.
L'analisi del profilo del fascio e delle relative firme magnetiche ha rivelato un dato sorprendente: il fascio di coppie è rimasto incredibilmente stretto e quasi parallelo. Ciò dimostra una minima auto-interazione o una generazione trascurabile di campi magnetici propri. Questo risultato, se estrapolato alle immense scale cosmiche, suggerisce in modo convincente che le instabilità fascio-plasma sono troppo irrilevanti per giustificare il deficit di raggi gamma GeV osservato.
Di conseguenza, questa osservazione rafforza la teoria secondo cui lo spazio intergalattico è già permeato da un campo magnetico. Molto probabilmente, questo campo è un retaggio dell'epoca più remota dell'Universo. Questa vittoria metodologica, che porta fenomeni cosmici estremi nel contesto di un laboratorio terrestre, permette di sottoporre a verifica empirica modelli finora puramente speculativi. Tuttavia, pur escludendo una delle ipotesi, l'esperimento approfondisce il mistero di come esattamente questo campo magnetico primordiale sia stato “seminato” nell'Universo primordiale, un quesito che, secondo gli scienziati, potrebbe richiedere una revisione della fisica al di là del Modello Standard.
Fonti
SpaceDaily
University of Oxford
Phys.org
EurekAlert!
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