Hezbollah, attraverso il suo vice segretario generale Sheikh Naim Qassem, ha respinto fermamente il piano governativo di disarmo previsto per la fine dell'anno. Qassem ha dichiarato che tale piano serve gli interessi di Israele e mina la capacità difensiva del Libano, suggerendo che il disarmo faciliterebbe attacchi israeliani e sfollamenti.
La posizione di Hezbollah, che include la promessa di negoziare una strategia di difesa nazionale solo dopo la cessazione degli attacchi aerei israeliani e il completo ritiro dal territorio libanese, riflette una profonda diffidenza e un impegno a mantenere la propria capacità di deterrenza. L'arsenale del gruppo, in gran parte fornito dall'Iran fin dagli anni '80, è stimato in oltre 130.000 unità tra missili e razzi. Nel frattempo, il presidente libanese Joseph Aoun ha incontrato l'ufficiale iraniano Ali Larijani a Beirut, ribadendo la ferma opposizione del Libano a qualsiasi intervento straniero e sottolineando la sovranità nazionale. Larijani ha accusato gli Stati Uniti di imporre il piano di disarmo e ha riaffermato il sostegno iraniano contro le minacce israeliane, definendo Hezbollah un "movimento autentico". Questo stallo politico avviene in un contesto segnato da recenti conflitti devastanti, tra cui una guerra di 14 mesi con Israele che ha causato migliaia di vittime, oltre un milione di sfollati e danni stimati in 11 miliardi di dollari. Nonostante l'indebolimento subito, Hezbollah ha ribadito la propria determinazione a difendere la propria posizione. Il governo libanese cerca di affermare il controllo statale sulle armi, ma Hezbollah e il movimento Amal hanno avvertito di possibili proteste, segnalando un'escalation retorica e la volontà di difendere la propria autonomia.