Nuove scoperte archeologiche nella Grotta di El Mirador, situata nella Sierra de Atapuerca in Spagna, hanno rivelato prove di cannibalismo risalenti a circa 5.700 anni fa, nel tardo Neolitico. I resti di almeno undici individui, comprendenti bambini, adolescenti e adulti, mostrano chiari segni di macellazione, scarnificazione, disarticolazione, cottura e consumo da parte di altri esseri umani.
L'analisi di oltre 600 frammenti ossei ha evidenziato marcate incisioni, segni di morsi umani e tracce di bruciature, indicando un trattamento post-mortem sistematico dei corpi. La datazione al radiocarbonio colloca questo evento tra il 5.709 e il 5.573 anni fa. Le analisi isotopiche allo stronzio (⁸⁷Sr/⁸⁶Sr) hanno confermato che le vittime erano locali della penisola iberica, suggerendo che il cannibalismo non fosse legato a gruppi esterni o migratori, ma piuttosto a un conflitto interno tra comunità vicine.
I ricercatori ipotizzano che questo atto non fosse dettato dalla fame o da rituali, ma piuttosto da una forma di "eliminazione definitiva" di un gruppo rivale, un'espressione estrema di violenza intergruppo volta ad affermare dominio e controllo sociale. Questo tipo di violenza, inclusa la distruzione di intere comunità, era più diffusa nel Neolitico di quanto si pensasse in precedenza, come suggeriscono studi su altri siti europei come Talheim in Germania e San Juan ante Portam Latinam in Spagna.
La Grotta di El Mirador è un sito di grande importanza archeologica, poiché presenta evidenze di cannibalismo anche dell'Età del Bronzo, indicando che tali pratiche si sono protratte nel tempo. La scoperta contribuisce a una comprensione più sfumata delle società preistoriche, sfidando la percezione di un Neolitico caratterizzato esclusivamente da cooperazione pacifica. Emerge invece un quadro di interazioni complesse, dove la violenza e il cannibalismo potevano essere strumenti utilizzati per gestire conflitti e dinamiche sociali.