Una scoperta archeologica di eccezionale importanza è emersa dal deserto del Nefud, nell'Arabia Saudita settentrionale, dove un gruppo internazionale di archeologi ha portato alla luce 62 pannelli con 176 incisioni rupestri. La scoperta è stata fatta nell'ambito del grande progetto archeologico Green Arabia, finanziato dalla Commissione Saudita per l'Archeologia e il Patrimonio. La ricerca è stata condotta da Maria Guagnin dell'Istituto di Geoantropologia Max Planck in Germania, Faisal Al-Jibrin, rappresentante della Commissione Saudita per l'Archeologia e il Patrimonio, e Keri Shipton dell'University College di Londra.
Queste opere d'arte preistorica, che raffigurano animali a grandezza naturale come cammelli, asini selvatici, cavalli, tori e antilopi, alcune delle quali raggiungono i tre metri di lunghezza e due di altezza, sono datate tra 12.800 e 11.400 anni fa. Questo periodo coincide con una fase in cui la regione, precedentemente arida, vide la ricomparsa di corpi idrici stagionali, rendendo possibile la vita e la migrazione. Le incisioni, scoperte nell'ottobre 2025, rappresentano la più antica prova archeologica diretta di insediamento umano nell'interno dell'Arabia, sfidando le precedenti ipotesi sulla scarsa abitabilità della regione in quel periodo. Ricercatori suggeriscono che queste "gallerie di pietra" non fossero semplici decorazioni, ma servissero come potenti simboli di presenza, accesso e identità culturale. La loro posizione strategica su imponenti pareti rocciose, alcune alte fino a 39 metri, suggerisce che potessero indicare fonti d'acqua e rotte migratorie, fungendo da veri e propri "segnali stradali" per le comunità nomadi.
Queste scoperte offrono una finestra inestimabile sulla cultura e lo stile di vita delle antiche comunità che prosperarono nel deserto del Nefud, dimostrando la loro straordinaria capacità di adattamento e la ricchezza del loro paesaggio simbolico. La monumentalità e la posizione di queste incisioni, alcune realizzate su strette sporgenze rocciose che richiedevano un notevole sforzo e rischio, sottolineano l'importanza che queste rappresentazioni avevano per gli artisti e le loro comunità, forse a simboleggiare diritti territoriali e memoria intergenerazionale.
Le incisioni sono state scoperte in tre siti nel deserto settentrionale del Nefud: Jebel Arnaan, Jebel Misma e Jebel Mleiha. Inoltre, le analisi dei sedimenti in bacini asciutti vicini hanno indicato che laghi stagionali si formarono nel deserto da circa 17.000 a 13.000 anni fa. Queste fonti d'acqua temporanee sarebbero state linfa vitale per i gruppi mobili che viaggiavano attraverso i deserti.
Fino a poco tempo fa, i ricercatori ritenevano che la maggior parte dell'Arabia fosse disabitata durante il periodo tra l'Ultimo Massimo Glaciale, circa 25.000-20.000 anni fa, e l'inizio della fase umida dell'Olocene circa 10.000 anni fa. L'assenza di siti datati in modo sicuro aveva rafforzato l'idea di un "vuoto desertico". Le nuove prove ora dimostrano che le popolazioni umane non solo sono sopravvissute, ma hanno anche creato arte monumentale, mantenuto connessioni a lunga distanza e sviluppato risposte creative al clima mutevole.