La scoperta di 21 frammenti dentali fossili in Cina, risalenti a circa 300.000 anni fa, sta innescando una revisione delle teorie sull'evoluzione umana in Asia. Questi reperti, analizzati da un team internazionale guidato dal Professor Wu Xuzhi e da esperti del Centro Nazionale di Ricerca sull'Evoluzione Umana (CENIEH), presentano una combinazione di caratteristiche primitive e moderne, suggerendo un quadro evolutivo più complesso di quanto si pensasse.
I denti mostrano radici robuste, tipiche dell'Homo erectus, ma anche una riduzione del terzo molare, un tratto distintivo dell'Homo sapiens. Questa mescolanza di tratti, definita un "mosaico", indica che l'evoluzione non è avvenuta in modo lineare, ma attraverso interazioni complesse tra diverse popolazioni. La ricerca, pubblicata sul Journal of Human Evolution, supporta l'idea che caratteristiche associate all'Homo sapiens possano essersi sviluppate non solo in Africa, ma anche in altre regioni. Siti come Hualongdong, Panxian Dadong e Jinniushan in Cina sono cruciali per comprendere questa diversità evolutiva. Alcuni studi suggeriscono che il periodo intorno ai 300.000 anni fa sia stato un punto di svolta critico per i cambiamenti morfologici in Cina, potenzialmente influenzato da instabilità climatiche. La possibilità di estrarre DNA antico da questi fossili potrebbe fornire risposte definitive sull'eventuale ibridazione tra specie diverse o su una linea evolutiva alternativa. Questa scoperta sottolinea l'importanza di riconsiderare le teorie esistenti alla luce di nuovi dati, evidenziando l'Asia come un crogiolo di sperimentazione evolutiva durante il Pleistocene Medio. Altri ritrovamenti recenti in Asia, come Homo luzonensis nelle Filippine e Homo longi in Cina, complicano ulteriormente l'albero genealogico umano, suggerendo un'evoluzione umana in questa regione più diversificata e meno lineare di quanto precedentemente ipotizzato.