Ricercatori dell'Università della California, San Diego, hanno sviluppato un metodo rivoluzionario, denominato GraMOS (Graphene-Mediated Optical Stimulation), che utilizza le proprietà uniche del grafene per stimolare e far maturare organoidi cerebrali umani. Questa tecnica non invasiva promette di migliorare la comprensione delle malattie neurologiche e lo sviluppo di intelligenze artificiali più avanzate.
Il grafene, un singolo strato di atomi di carbonio, converte la luce in segnali elettrici, generando lievi impulsi che stimolano gli organoidi neurali, promuovendo la loro interconnessione e comunicazione. A differenza dell'optogenetica, che richiede modifiche genetiche, o della stimolazione elettrica diretta, che può danneggiare le cellule, GraMOS integra il grafene direttamente negli organoidi, accelerandone la crescita senza interventi invasivi.
Elena Molokanova, CEO e inventrice di GraMOS presso NeurANO Bioscience, ha spiegato che la metodologia permette di "stimolare la formazione di connessioni tra neuroni e accelerare il loro sviluppo senza ricorrere a metodi optogenetici standard. Abbiamo creato una sorta di interazione morbida, indirizzando i neuroni verso una crescita più rapida, particolarmente preziosa nello studio delle malattie legate all'invecchiamento in condizioni di laboratorio". La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Communications.
Gli organoidi neurali integrati con grafene mostrano una maggiore sensibilità alle condizioni esterne e possono riconfigurare la loro rete neurale sotto stimolazione luminosa. Questa neuroplasticità supera le capacità dei microchip tradizionali, aprendo prospettive per il miglioramento dell'intelligenza artificiale. In esperimenti, organoidi cerebrali interfacciati con grafene sono stati collegati a un robot dotato di sensori; quando il robot incontrava un ostacolo, l'organoide generava una risposta neurale che modificava la direzione del movimento del robot in meno di 50 millisecondi.
Questo progresso si basa su lavori precedenti, come l'autorizzazione nel 2024 per Inbrain Neuroelectronics di condurre esperimenti con neuro-impianti in grafene per trattare il morbo di Parkinson. La versatilità del grafene e la biologia degli organoidi cerebrali promettono di ridefinire la neuroscienza. La ricerca evidenzia inoltre la sicurezza e la biocompatibilità del grafene, senza effetti dannosi sui neuroni, rendendolo uno strumento fondamentale per la ricerca sulle malattie neurodegenerative e per lo sviluppo di interfacce cervello-macchina.