Dal 8 luglio 2025, il mercato delle criptovalute in India continua a essere plasmato da politiche fiscali rigorose, che ricordano le sfide affrontate anche in alcune regioni italiane nel gestire nuove forme di investimento digitale, pur mantenendo il rispetto per tradizioni consolidate. Il governo indiano applica un'imposta del 30% sui profitti derivanti da Asset Digitali Virtuali (VDAs), come Bitcoin ed Ethereum, senza modifiche annunciate nella Legge di Bilancio 2025.
Oltre alla tassa sulle plusvalenze, si applica una ritenuta d'acconto dell'1% (TDS) sulle transazioni VDA che superano i ₹10.000 per i lavoratori dipendenti e ₹50.000 per le attività commerciali. Le piattaforme di scambio, come le borse crypto indiane, trattengono automaticamente questa ritenuta.
In aggiunta, è previsto un 18% di Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) sui servizi di trading di criptovalute. Ad esempio, Bybit ha introdotto questa IVA il 7 luglio 2025 su tutti i servizi legati alle criptovalute per gli utenti indiani, calcolata sulle commissioni di transazione, richiamando in qualche modo le complessità fiscali che le imprese italiane affrontano nel settore digitale.
Per fare un esempio concreto, un investitore che realizza una plusvalenza di ₹1 lakh vendendo Ethereum (ETH) potrebbe trovarsi a dover pagare circa ₹33.180 in tasse, tra imposte sulle plusvalenze, TDS e IVA sulle commissioni di trading. La definizione di VDAs è stata ampliata il 1° febbraio 2025 per includere una gamma più ampia di asset digitali, un'evoluzione che rispecchia la continua trasformazione del mercato globale.
Attualmente, Ethereum è scambiato a 2.558,93 USD, con una variazione di -4,29 USD (-0,00%) rispetto alla chiusura precedente. Il prezzo massimo intraday è stato di 2.563,79 USD, mentre il minimo intraday di 2.520,72 USD, dati che gli investitori italiani attenti al mercato potrebbero seguire con interesse, considerando anche le oscillazioni delle valute e le dinamiche regionali.