Il persiano ha svolto un ruolo cruciale nel collegare diverse comunità nel subcontinente indiano, in modo simile all'inglese oggi. Ha favorito un'identità condivisa, integrando la regione nel più ampio mondo del Grande Iran.
Il subcontinente indiano ha prodotto una vasta quantità di letteratura persiana, superando la produzione dell'Iran prima del XIX secolo. Ciò includeva poesie, storie e opere scientifiche, scritte da persone di tutte le fedi. Il persiano era anche usato per l'espressione religiosa, in particolare nella letteratura sufi.
L'interazione con elementi locali ha portato allo 'stile indiano' (sabk-e-Hindi) in persiano, caratterizzato da una poesia ornata e dall'incorporazione di vocabolario e temi indiani. La stagione dei monsoni, ad esempio, è stata romanticizzata. Tra i praticanti degni di nota c'erano Urfi Shirazi e Bedil.
Traduzioni dall'arabo, dal turco e dal sanscrito hanno arricchito la letteratura indo-persiana. Opere sanscrite, come il Mahabharata (Razmnama), furono tradotte sotto Akbar per diffondere la conoscenza.
Come lingua franca per 800 anni, il persiano classico ha influenzato in modo significativo le lingue indiane, soprattutto nel nord-ovest. Punjabi, Sindhi e Urdu mostrano una significativa influenza persiana. L'hindustani, una lingua franca, mescola il khariboli con elementi persiani, avendo registri urdu persianizzati e hindi sanscritizzati.
L'influenza del persiano è più forte nell'hindustani e nell'urdu. A causa della politicizzazione della lingua, le caratteristiche persiane sono più prominenti tra i parlanti musulmani. Il declino del persiano iniziò alla fine del XVIII secolo, con l'ascesa dell'urdu e dell'inglese.
La perdita del persiano fu pianta, con il poeta urdu Ghalib che vedeva il persiano come uno specchio che riflette i colori della vita.