Gli astronomi svelano una galleria di dischi di polvere attorno a stelle giovani grazie allo strumento SPHERE sul VLT

Modificato da: Uliana S.

51 disco di polvere, formato a seguito delle collisioni tra asteroidi e comete intorno ad altre stelle. È la più grande raccolta di strutture di questo tipo mai raccolta.

Una nuova, ricca collezione di immagini è stata resa pubblica dagli astronomi, offrendo uno sguardo inedito sugli anelli di polvere che circondano stelle in fase di formazione. Questi dati forniscono dettagli cruciali sull'architettura iniziale dei sistemi planetari. Le osservazioni sono state condotte utilizzando lo strumento SPHERE, installato sul Very Large Telescope (VLT) dell'European Southern Observatory (ESO).

L'indagine ha esaminato ben 161 stelle giovani situate nelle vicinanze della Terra. Di queste, ben 51 sistemi sono stati documentati come candidati ideali per la formazione di pianeti. Questi sistemi sono caratterizzati dalla presenza di dischi di detriti, strutture che si generano a seguito di collisioni tra asteroidi o comete, analoghe al nostro Sistema Solare interno (Fascia degli asteroidi) e quello esterno (Fascia di Kuiper). Gaël Chauvin, ricercatore associato del progetto SPHERE presso l'Istituto Max Planck di Astronomia, ha definito questo corpus di dati un vero e proprio tesoro astronomico. Esso offre spunti eccezionali sulle proprietà dei dischi di detriti e permette di inferire l'esistenza di corpi minori non direttamente osservabili. I dati più significativi riguardano l'analisi dei dischi di detriti in sistemi con un'età inferiore ai 50 milioni di anni, poiché è in questa finestra temporale che le collisioni sono ancora sufficientemente frequenti da produrre polvere rilevabile.

Per la prima volta, è stata raggiunta una risoluzione senza precedenti per quattro sistemi specifici. Le stelle HD 197481 e HD 39060 hanno mostrato flussi di materiale ben definiti, osservati di taglio (edge-on). Al contrario, HD 109573 e HD 181327 hanno rivelato anelli di polvere quasi perfettamente circolari, visti invece dalla prospettiva del piano del disco. In netto contrasto, sistemi come HD 145560 e HD 156623 hanno esibito una distribuzione della polvere più disordinata, un indizio che potrebbe suggerire una fase evolutiva precedente. I ricercatori, tra cui Natalia Engler dell'ETH Zurich, hanno meticolosamente elaborato i dati provenienti dalle 161 stelle la cui emissione infrarossa aveva precedentemente segnalato la presenza di dischi di detriti.

Gli scienziati sono giunti alla conclusione che le strutture visibili, come gli anelli nettamente delineati, sono strettamente correlate alla presenza di pianeti giganti invisibili. Questi corpi esercitano un'influenza gravitazionale che spazza via i corpi più piccoli nelle regioni circostanti, un meccanismo speculare a quello con cui Nettuno modella la Fascia di Kuiper nel nostro vicinato cosmico. Dal punto di vista tecnico, lo strumento SPHERE impiega un coronografo per occultare la luce intensa della stella centrale e un sistema di ottica adattiva per correggere in tempo reale le distorsioni atmosferiche. Questo permette di catturare la debole luce diffusa proveniente dalla polvere. Questi risultati rappresentano un punto di partenza fondamentale per future campagne di osservazione, incluse quelle che coinvolgeranno strumenti come il telescopio spaziale James Webb (JWST) e il futuro Extremely Large Telescope (ELT) dell'ESO.

È particolarmente interessante notare che nel sistema HD 181327, stimato avere circa 23 milioni di anni, il JWST aveva già rilevato nel maggio 2025 polvere cristallina d'acqua, confermando la presenza di volatili nelle fasi iniziali della formazione planetaria. La scoperta di ghiaccio d'acqua, che costituisce oltre il 20% del materiale nelle regioni esterne più fredde del disco di HD 181327, è perfettamente in linea con i modelli che prevedono il trasporto di ghiaccio verso i pianeti in formazione. In sintesi, le informazioni di SPHERE sulla struttura dei dischi e i dati del JWST sulla composizione ghiacciata in HD 181327 si completano a vicenda, dipingendo un quadro olistico della nascente architettura planetaria.

La galleria complessiva, che include 51 dischi risolti su 161 obiettivi analizzati, dimostra in modo convincente che una porzione significativa dei sistemi polverosi giovanili può essere mappata attraverso la luce diffusa utilizzando le attuali tecniche di imaging ad alto contrasto. Il confronto tra i diversi sistemi all'interno di un unico set di dati ha permesso di identificare tendenze globali: le stelle giovani più massicce tendono ad avere dischi di detriti anch'essi più massicci. Questo dato è coerente con i modelli che prevedono serbatoi più grandi di planetesimi residui dopo il collasso dei dischi protoplanetari più imponenti. In definitiva, questo studio ci mostra un'immagine fedele di come appariva il nostro Sistema Solare miliardi di anni fa, oltre quattro miliardi di anni or sono.

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Fonti

  • Media Indonesia - News & Views -

  • Max-Planck-Gesellschaft

  • Media Indonesia

  • Universe Today - Space and Astronomy News

  • SpaceDaily

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